Geositi nel Parco
I principali punti di interesse lungo il tour
Una lista dei geositi che caratterizzano il Parco delle Colline Metallifere suddivise per comuni.
MAGMA
Il MAGMA – Museo delle Arti in Ghisa della Maremma – nasce con lo scopo di raccontare la storia tecnologica, artistica e sociale dello stabilimento siderurgico di Follonica nel momento della sua massima produzione avvenuta sotto il Granduca Leopoldo II di Lorena che fece di Follonica un moderno e funzionale polo della siderurgia distinguendosi anche con produzioni di grande pregio artistico. Il percorso di visita si articola in tre sezioni, l’arte, la storia e la produzione, ed è un viaggio virtuale nel tempo e nello spazio alla scoperta della culla della siderurgia italiana. Il MAGMA è ricavato all’interno del Forno San Ferdinando, l’edificio più antico della città, oggi divenuto un vero e proprio monumento di archeologia industriale.
Il MAGMA è anche Porta di Follonica del Parco Nazionale:
0566.59027 – 0566.906525
frontoffice@magmafollonica.it
Sifone della Gora
Gli antichi impianti siderurgici di Follonica necessitavano di importanti quantità di acqua corrente necessaria a fornire energia tramite grandi ruote idrauliche a molte macchine necessarie alle lavorazioni. L’acqua, particolarmente povera di sedimento, proveniva da un piccolo fiume, la Gora delle Ferriere, che non doveva mischiare le sue acque con altre di minore qualità come quelle del fiume Pecora che originariamente si immetteva nella Gora. Il problema fu risolto costruendo un sifone che passava al di sotto del Pecora. Sifone tuttora esistente e funzionante.
Fornace sull’Acquanera
Antico edificio ancora ben conservato lungo il corso del Fosso Acquanera, il cui uso è avvolto nel mistero. Con tutta probabilità si tratta di una fornace, ma cosa si realizzasse in tale struttura non è ancora dato di sapere.
Cava di Alunite
Nel cuore del Parco di Montioni si trova un importante sistema di cave per l’estrazione dell’Alunite, minerale dal quale dopo un complesso trattamento si ricava l’allume (utilizzato per la concia delle pelli e per il fissaggio dei colori sui tessuti). L’estrazione iniziata nel XV secolo ha conosciuto il suo massimo splendore sotto il governo di Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone. La Granduchessa di toscana potenziò molto gli impianti di Montioni costruendo edifici per la fabbrica, ma anche per il suo benessere (famose le terme di Elisa). Suggestive le cave di Poggio Saracino, ancora ben conservate.
Miniera di Rio Piastrello
Nel 1839 lungo il Ritorto e successivamente lungo il suo affluente il rio Piastrello furono individuati giacimenti di lignite, un carbone fossile, di discreto potere calorifico. Visto il bisogno di fonti energetiche per muovere le nuove macchine a vapore, si decise comunque di sfruttare questi giacimenti. Il problema che si presentò da subito fu che queste valli isolate erano mal collegate ai principali centri, quindi per il trasporto si dovette ricorrere ad una costosa ferrovia, costruita alla scopo, che dalle miniere giungeva sino al mare, dove il carbone veniva imbarcato su piccole navi da trasporto. La miniera, per le difficoltà descritte sopravvisse solo qualche decennio, da ricordare però che nei filoni di carbone furono trovati molti fossili risalenti al Miocene superiore, in particolare due prendono il nome specifico da questa località; il primate ominoide Oreopithecus bambolii e il coccodrillo Crocodylus bambolii.
Centrale geotermica di Monterotondo
La centrale geotermoelettrica che si trova presso Le Biancane risale al 1958, ma è stata modernizzata nel 2002. Nella Toscana meridionale esiste il più antico e innovativo complesso geotermico del mondo con 34 centrali, tra le province di Grosseto, Pisa e Siena.La produzione annuale si attesta sui 6 miliardi di KWh che riescono a soddisfare il 30% del fabbisogno elettrico toscano, inoltre con sistemi di teleriscaldamento si riesce a riscaldare 13 mila utenze, 26 ettari di serre, aziende agroalimentari e dell’artigianato.
Biancane
L’area è oggetto di risalita di fluidi caldi dalle profondità attraverso fratture naturali del terreno. Questi fluidi caldi e dai contenuti debolmente “aggressivi” comportano la decolorazione delle rocce preesistenti che, nel tempo, diventano biancastre. Da qui il nome di Biancane. Attorno alle bocche di uscita del gas si formano delle bellissime cristallizzazioni di zolfo che assumono le forme di croste o di più suggestivi, ma fragilissimi, aghi di color giallo limone.
Oltre ai gas si può assistere anche alla fuoriuscita di acqua calda, per esempio alle sorgenti di Chiorba e dell’Acqua Forte, o di acqua mista a fango ribollente, i cosiddetti bulicami.
MUBIA
MUseo delle BIAncane. Nell’edificio, prima centrale geotermica di Monterotondo risalente al 1925, è stato recentemente allestito un museo di approfondimento sulla geotermia e sui fenomeni geologici che interessano l’area delle Biancane. Molte installazioni multimediali permettono la comprensione dei fenomeni anche ad un pubblico di non esperti. A completare il percorso museale si consiglia di salire a bordo della Geonave per un viaggio virtuale verso il centro della Terra.
Il MUBIA è anche la Porta di Monterotondo del Parco Nazionale:
+39 3351017368
portadelparco@comune.monterotondomarittimo.gr.it
Monterotondo e la Rocca degli Alberti
Nella parte sommitale del borgo è stata recuperata l’antica Rocca, testimonianza del potere esercitato dai conti Alberti di Prato su questo territorio.
Le più antiche attestazioni documentano l’esistenza del castello sin dal 1128. Con alterne vicende la Rocca fu poi stabilmente occupata sino alla fine del XIV secolo.
Oggi è possibile grazie a tecnologie di realtà aumentata, passeggiare lungo i resti della Rocca e contemporaneamente tornare in pieno medioevo dove i ruderi si trasformano in imponenti bastioni popolati dalle genti di 800 anni fa. I visori 3D sono disponibili presso il vicino museo MUBIA.

Castello di Cugnano
Si tratta di uno dei meglio conservati esempi di castelli minerari, che a partire dall’XI secolo, sono sorti nelle Colline Metallifere. Accoglievano, al loro interno, luoghi specializzati nella lavorazione metallurgica. Oggi i lavori di ispezione archeologica hanno portato alla luce una parte sommitale, il cassero, ed una parte identificata come un vero e proprio borgo, situata ai suoi piedi, dove sono state trovate evidenti tracce di lavorazione dei metalli. Inoltre nei pressi sono state rintracciate antiche coltivazioni di minerali, principalmente solfuri di rame e argento.
Canonica di San Niccolò
Situata a 5 minuti dal paese, si trovano i resti di una eccezionale chiesa unica nel suo genere per la singolare pianta a forma di fiore con sei petali. L’intero complesso era legato alla fervente attività estrattiva e metallurgica che caratterizza tutto il territorio circostante. Tra l’XI ed il XIV sec. Montieri rappresentava uno dei centri di ricerca mineraria, soprattutto argento e rame, più importanti della Toscana, tanto da ricevere le attenzioni, non solo delle Diocesi e delle città vicine, ma addirittura dell’Impero. Il sito è tuttora sotto indagine storico-archeologica e tra i reperti finora rinvenuti, molti celano dei misteri storici ancora da sciogliere.
Montieri
Il nome paese deriva da Mons aeris, che significa “monte del rame”, e chiaro quindi il collegamento alle risorse minerarie della zona. Montieri, citato per la prima volta nel 973 in un atto di vendita di Lamberto Aldobrandeschi, è un borgo medioevale conosciuto per la grande ricchezza del sottosuolo, legata alla presenza di minerali contenenti argento e rame. L’abitato è sovrastato dal Poggio omonimo, seconda cima più alta del Parco con 1031 m. e coperto alle quote più alte da una fitta faggeta, mentre alle quote più basse dominano i castagneti da frutto e i querceti misti.
Il Comune di Montieri, come altri nel territorio del Parco, è inserito all’interno del Bacino Geotermico più importante d’Europa. L’abitato di Montieri, nello specifico, è completamente riscaldato mediante l’utilizzo di vapore geotermico
L’Ufficio informazioni turistiche è anche Porta di Montieri del Parco Nazionale:
0566 997024
ufficioturisticomontieri1@gmail.com
Travale
Il borgo fu possedimento della famiglia Pannocchieschi dal Medioevo fino al XIV secolo. Nel secolo successivo divenne parte della Repubblica di Siena a poi, a metà del XVI secolo, del Granducato di Toscana.
Il piccolo borgo è importante per la storia della lingua italiana. Infatti, nella “Carta di Travale” (1158), una pergamena conservata nell’Archivio storico della Diocesi di Volterra, viene riportata una delle prima testimonianze della lingua italiana. Questo primato è celebrato nel borgo grazie a una targa presente nel centro storico di Travale che ne cita un brano “Guaita, guaita male, non mangiai ma’ mezzo pane”.
Gerfalco
Il borgo sorse in epoca medievale, dopo molte dispute tra i signori locali passò alla fine del XIII secolo sotto il controllo della famiglia Pannocchieschi.
Passato successivamente sotto il controllo dei Senesi, il paese conobbe momenti di decadenza. Nella seconda metà del XVI secolo Gerfalco venne inglobato nel Granducato di Toscana.
È porta di accesso alla Riserva Naturale Regionale delle Cornate di Gerfalco – Fosini. Le Cornate (m. 1081) sono la cima più alta e una delle aree più selvagge e meno conosciute delle Colline Metallifere. Costituiscono una delle poche zone ad habitat montano della Toscana meridionale. Nella parte grossetana della Riserva sono presenti anche dei geositi del Parco: le cave di calcare rosso ammonitico,il percorso delle Trincee e le miniere di Poggio Mutti.
Percorso delle Trincee
Il percorso si sviluppa lungo un antico sistema di coltivazione mineraria con numerose gallerie, pozzi e trincee. Possibile osservare lungo fratture del calcare massiccio mineralizzazioni di molti minerali tra i quali la galena, la sfalerite e la pirite.
Miniera e villaggio di Niccioleta
Di origine medievale Niccioleta si distinse per l’escavazione della calamina silicati e carbonati di zinco) , ma fu solo nell’Ottocento che assunse una certa rilevanza grazie al rinvenimento di un importante giacimento di pirite. Grazie a questa attività, che dette nuova vita al villaggio, la popolazione aumentò e Niccioleta divenne uno dei principali centri di estrazione delle Colline Metallifere. Nel 1933 il paese assunse la fisionomia di villaggio minerario che presenta ancora oggi, grazie agli alloggi per i dipendenti che la Montecatini, la società che gestiva le miniere, fece costruire in quegli anni. Dal 1992, con la chiusura della miniera, si è registrato un brusco calo della popolazione.
Oggi il villaggio minerario è visitabile grazie ad una serie di pannelli con QR code installati nel paese.
Pozzo Rostan
Il più importante pozzo della miniera di pirite di Niccioleta. Sormonta il pozzo, chiuso con una soletta di cemento armato alla fine delle escavazioni, un grande castello metallico alto 30 metri. L’impianto è entrato in funzione negli anni ‘60 rimanendo attivo fino al 1992. Sul piazzale del pozzo erano presenti i locali accessori (la sala dell’argano e quella dei compressori e l’imponente laveria necessaria per la cernita del minerale.
Ghirlanda
Località ai piedi di Massa Marittima, sede dal 1902 al 1944 della stazione ferroviaria della linea ferrata Massa Marittima – Follonica. La ferrovia oggi ridotta ad una traccia nella campagna, serviva sia per il traffico merci che passeggeri, per un certo periodo ha servito anche alcune piccole miniere che si trovavano ai piedi della città di Massa, ma soprattutto la miniera di Niccioleta. Oggi infatti rimane ben visibile la stazione, i locali di ricovero dei rotabili, ed un grande edificio adibito a silos per immagazzinare la pirite in attesa di essere avviata tramite la ferrovia all’attracco di Follonica per essere spedita in Germania.
Massa Marittima
Massa Marittima è una dei più bei borghi della Maremma toscana. Il suo territorio fu frequentato fin dall’epoca preistorica, ma è l’epoca medievale a caratterizzare l’identità e l’aspetto del centro storico. La città nel XIII sec. crebbe demograficamente, economicamente e culturalmente, arrivando ad essere una delle più popolose e ricche della Toscana meridionale, questo grazie allo sfruttamento delle miniere di piombo, argento e rame. La coltivazione di questi minerali fu tanto importante che si qui si redasse uno dei più antichi Codici Minerari d’Europa. Sono molti gli edifici che testimoniano lo splendore di questo periodo: nella centrale Piazza Garibaldi non si può non notare la splendida Cattedrale di San Cerbone, quindi il Palazzo del Podestà e il Palazzo dei Priori oggi Palazzo comunale,Ma è tutto il borgo che merita la visita perdendosi nei numerosi vicoli ricchi di suggestione e di testimonianze storiche. A Massa poi va visitato il Subterraneo con l’annesso Museo della Miniera, Porta del parco Nazionale:
0566 906525
museimassam@coopzoe
musei@comune.massamarittima.gr.it
Fenice Capanne
Sul sito di antichi pozzi medievali si sviluppa un importante impianto di estrazione di solfuri che dal 1830 terminerà con alterne vicende nel 1985. L’impianto comprende vari edifici che ruotano intorno al pozzo principale, il Pozzo Carlo provvisto di un castello realizzato diversamente dal solito in legno. Molti edifici sono rinvenibili ancora oggi malgrado le demolizioni e l’avanzare della macchia. Bello il villaggio minerario adiacente ancora abitato da una piccola comunità.
Serrabottini
L’area mineraria dista circa 3,5 km dalla città di Massa Marittima e si estende dal Lago dell’Accesa e La Pesta a Monte Arsenti passando per Capanne Vecchie e Fenice Capanne. Essa è attraversata dalla faglia di Serrabottini lungo la quale si sono concentrate le escavazioni antiche. Nella zona sono ancora visibili numerosi resti di pozzi di estrazione, gallerie e relative discariche di epoca preindustriale. I pozzini antichi hanno forme e diametri variabili con profondità che vanno da poche decine centinaio di metri, in relazione a quanto sia vicina la mineralizzazione. Nel campo minerario si estraevano: solfuri di rame, ferro, piombo e zinco. Numerosissimi sono i minerali trovati e analizzati, fatto che ha reso questa località una delle più importanti dal punto di vista scientifico.
La Pesta
Il villaggio della Pesta cominciò a svilupparsi lungo la strada dall’Accesa a Gavorrano intorno al 1890 quando entrò in piena attività la vicina miniera del Carpignone. Nel corso degli anni vengono costruiti gli alloggi per i minatori ed un gruppo di camerotti, costituiti da anonime case in linea ubicate nei pressi del sentiero che conduceva al Pozzo 4 e destinati a coloro che prestavano la propria opera in miniera, ma che non avevano la famiglia al seguito. Il nucleo era costituito dagli edifici della direzione, dalle abitazioni del personale e della sorveglianza, dalle scuderie e dai magazzini. Il Pozzo 4 situato a poche centinaia di metri dalla strada principale consiste in un grande castello in metallo, costruito nel 1959 a sostituzione di uno in legno distrutto da un incendio, Rimasto in attività fino alla chiusura della miniera nel 1979.
Forni dell’Accesa
Il complesso fu costruito a partire dal 1727 su alcuni terreni facenti parte della Bandita dell’Accesa dove furono realizzati un forno per colare la “vena”, una ferriera, il Palazzo dell’Amministrazione, i “camerotti” per i lavoratori, le stalle, ecc.
Il Bruna, emissario del Lago dell’Accesa, grazie a ruote idrauliche forniva l’energia necessaria all’attivazione di mantici, magli. Nel 1840-42, le ferriere furono riconvertite in forni di fusione del minerale cuprifero estratto dalle vicine miniere di Capanne Vecchie, Poggio Bindo e Accesa. Nel 1910 gli impianti vennero nuovamente trasformati in laveria del minerale estratto dalla vicina Miniera del Carpignone. La nuova destinazione tuttavia ebbe breve durata (dal 1913 al 1916), dopodiché la laveria fu smantellata. Degli antichi impianti oggi restano soltanto le rovine, abbarbicate al pendio prospiciente un grande piazzale.
Castel di Pietra
Varie campagne di scavo archeologico hanno portato alla luce gli ambienti del cassero e le strutture preromane sulle quali il castello fu edificato. Vuole la leggenda che sarebbe questo il castello nel quale visse e morì tragicamente Pia de’ Tolomei, le cui vicende sono narrate da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Un boschetto dominato da ornielli e bagolari circonda l’area archeologica. Nei pressi è stato rinvenuto anche un riparo abitato dall’uomo di Neanderthal, detto “riparo Cavanna” dal nome dello scopritore.
Nel geosito di interesse locale affiora parte di un filone quarzoso, lungo circa 3 km e largo mediamente 10 m disposto lungo la faglia, al tetto della quale affiorano argille, arenarie e conglomerati di colore grigio verde. A muro affiora invece la formazione delle Argille a palombini, con il suo membro arenaceo.
L’area di Castel di Pietra è stata oggetto di coltivazione mineraria in epoca medievale. Successive ricerche minerarie si sono svolte a fine ‘800 e alla metà del XX secolo dalla Società Marchi e dalla Società Montecatini mediante l’esplorazione di precedenti lavori minerari a cui seguirono nuovi scavi di gallerie e pozzi, senza però arrivare all’apertura di una vera miniera, dati gli scarsi risultati riportati.
I Muracci
Con il termine Muracci si intendono i resti di una maestosa diga sul fiume Bruna concepita nel Quattrocento, al fine di creare un grande invaso da sfruttare come peschiera per la città di Siena. I lavori iniziarono nel 1470 sotto la guida di Matteo di Iacopo e Adamo di Domenico, ma furono rallentati da difficoltà ambientali. Nel 1473, con la morte di Adamo e complicazioni politiche, i lavori si fermarono.
Nel 1481 furono segnalati danni causati dall’erosione, e il progetto fu ridimensionato: la muraglia rettilinea fu sostituita da una diga semicircolare più bassa. Nel 1492, la diga crollò dopo essere entrata in funzione solo da poco tempo, dando luogo ad una alluvione disastrosa nella piana di Grosseto. Alcuni attribuirono il crollo a una piena straordinaria, altri a difetti strutturali.
L’analisi delle strutture rimaste suggerisce che il crollo fu causato da infiltrazioni d’acqua che avrebbero compromesso le fondamenta. Nonostante vari tentativi del governo senese di ripristinare la diga, nessuno di essi fu mai realizzato.
Gavorrano
Ubicato sulle ultime propaggini delle Colline Metallifere è capoluogo di uno dei più estesi comuni della Provincia di Grosseto. È citato per la prima volta in un privilegio del 1164 e in una Bolla Papale del 1188 come sede di chiesa battesimale. Fu posseduto dai conti di Mangona quindi dai Pannocchieschi del ramo di Elci, dai Malavolti e, infine, sotto il dominio della Repubblica di Siena fu ridotto a terra di contado. Il castello era circoscritto da due cinte murarie concentriche innalzate tra XII e XIV secolo. Il circuito murario esterno, a forma ellittica, con torri quadrate con basi a scarpa e ad arciere è ancora leggibile nell’abitato. Si conserva una delle porte di accesso, la Porta di Sotto, costruita con arco a tutto sesto in blocchi calcare cavernoso e granito. Nella Chiesa di San Giuliano è custodita la statua in marmo di una Madonna con bambino di Giovanni d’Agostino (1336). Interessanti le vicine frazioni di Ravi, Caldana e Giuncarico anch’essi antichi castelli.
Miniera di Gavorrano
La coltivazione della miniera di Gavorrano, una delle maggiori miniere di pirite in Italia, è iniziata nel 1898, quando fu scoperto il primo filone piritifero al di sotto di un cappellaccio limonitico. Le escavazioni rivelarono un importante filone di pirite di ottima qualità. In breve la miniera si ampliò velocemente con la costruzione di un complesso sistema di pozzi e gallerie che alla fine risulterà composto da centinaia di km di gallerie sviluppate fino ad una profondità di 200 metri sotto il livello del mare. La miniera chiude, seguita da tutte le altre presenti nelle Colline Metallifere, nel 1981, malgrado nel sottosuolo rimangano milioni di tonnellate di questo minerale.
La Porta di Gavorrano del Parco è localizzata nell’antico edificio minerario dei Bagnetti, oggi restaurato, da questa si può accedere al Museo in Galleria, per apprezzare il lavoro del minatore negli anni ‘50 del secolo scorso, e al GEOMET, Museo sulla Geologia nelle Colline Metallifere, dove si possono completare ed approfondire le informazioni sulla Miniera e sulla geologia del territorio. Ai Bagnetti sono inoltre presenti gli uffici del Parco Nazionale delle Colline Metallifere – Tuscan Mining Geopark.
Miniera di Ribolla
La cittadina di Ribolla si è sviluppata tra la fine dell’800 e il ‘900 attorno ai 23 pozzi dell’importante miniera di lignite picea.
La lignite picea è un combustibile fossile a medio potere calorico, intensamente sfruttato nel XX secolo. A Ribolla la coltivazione venne avviata negli anni ’30 dell’800, e si protrasse fino agli anni ’50 del ’900. Lo strato di lignite coltivato poteva raggiungere più di 20 m, ed era inclinato in modo tale da risultare sostanzialmente affiorante nell’area NO, e assai profondo all’estremità SE. L’estrazione della lignite risultava tuttavia estremamente pericolosa per il rischio di formazione di “grisou”. La miniera fu purtroppo teatro, il 4 maggio 1954, della più grave tragedia mineraria italiana del secondo dopoguerra. Un’esplosione di grisou, accumulatosi per la scarsa ventilazione in una galleria a 260 metri di profondità, provocò la morte di 43 persone nella sezione “Camorra Sud” della miniera di lignite. L’onda d’urto percorse le varie gallerie provocando una nube di polvere che rese difficoltosa la respirazione ai minatori anche degli altri reparti. I primi soccorsi furono poco incisivi a causa della mancanza delle maschere antigas. I funerali mobilitarono 50.000 persone. Le famiglie, che dovettero costituirsi parte civile accettarono le offerte in denaro della Montecatini e il processo si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati e con l’archiviazione del disastro come “mera fatalità”. A seguito del disastro la direzione della Montecatini decise la chiusura della miniera, la cui smobilitazione richiese ben cinque anni.
Villaggio di Ribolla
La cittadina di Ribolla conta oggi poco più di 2.000 abitanti e rappresenta la seconda frazione del comune di Roccastrada.
Il villaggio minerario nacque nel 1913 quando furono costruiti i primi dormitori per gli operai (camerotti) e fu ampliato nel 1936 quando iniziarono i lavori per le nuove costruzioni nella zona della stazione: la chiesa, il dopolavoro aziendale, il cinema- teatro, la biblioteca, la mensa per 400 operai, lo spaccio aziendale e la nuova infermeria. Il villaggio, pur mancando di un disegno urbano ben definito causa la sua crescita disorganica e l’eccessiva eterogeneità tipologica degli edifici realizzati, rappresenta pur sempre un esempio significativo degli interventi edilizi promossi dalla Montecatini nell’ambito delle sue politiche sociali; edifici come quelli del cinema-teatro, della lampisteria, delle Centurie, ecc. segnalano l’intento, forse non coerente dal punto di vista architettonico e urbanistico, di costruire un ambiente integrato di residenza e servizi per i lavoratori occupati nella miniera.
A onore del suo passato minerario Ribolla ospita la porta di Roccastrada del Parco. Essa è situata presso il Centro civico polivalente conosciuto come «Ex cinema Mori». Il Centro civico costituisce un polo di sviluppo culturale, di aggregazione e socializzazione per tutta la comunità, con particolare riferimento al passato minerario ed al ricordo dei tragici eventi del 4 maggio del 1954. Importanti e ancora molto sentite sono le iniziative organizzate ogni anno in maggio da Comune e Parco dal titolo “La miniera a memoria”.
Porta del Parco Nazionale
0564 561289
portaparcominerarioribolla@gmail.com
Roccatederighi
Roccatederighi sorge come castello intorno all’anno 952 con il nome di Rocca Norsina. Col passare dei secoli il controllo passa agli Aldobrandeschi alla Repubblica di Siena. A metà del XVI secolo entrò a far parte del Granducato di Toscana. La storia recente ci ricorda come nei pressi di questo paese tra il 1943 e il 1944, sotto la Repubblica Sociale Italiana, divenne operativo un campo di concentramento provinciale per raccogliervi gli ebrei italiani residenti a Grosseto e provincia, nonché i numerosi ebrei stranieri internati nei comuni della zona. Si trattò di uno dei quattro campi di concentramento allestiti in Toscana a luoghi di raccolta e transito per le deportazioni verso Auschwitz.
Il paese sorge su di uno imponente sperone di roccia verdastra (ofiolite) da cui si gode uno splendido panorama sulla Maremma grossetana.
Poggio della Miniera
Prende il nome da una miniera di solfuri di rame (Calcopirite ed Erubescite) che interessò il territorio intorno a Roccatederighi nel XIX secolo. La miniera era composta da alcuni pozzi che scendevano oltre i 100 metri di profondità. Il minerale migliore veniva selezionato a mano, quello con più impurità veniva avviato ad un impianto di laveria. Vista l’abbondanza di acqua in profondità si dovette costruire una lunga galleria di eduzione. Proprio un allagamento delle gallerie comportò infine la chiusura della miniera nel 1882.
Sassoforte
A dominare il paese medievale di Sassofortino, il Sassoforte consiste in una cima montuosa (ca 800 metri slm) facilmente riconoscibile da lontano per la sua forma a piccola cupola, forma che tradisce la sua origine vulcanica. Geosito del Parco, il Sassoforte si è formato verso la fine del Pliocene (2,3 milioni di anni fa) a seguito di eventi effusivi che hanno lasciato un vasto duomo di rocce laviche (rioliti). La coltre vulcanica poggia su una formazione di calcari marnosi dando luogo lungo la linea di contatto ad alcune notevoli sorgenti d’acqua.
Sulla cima sorse nel medioevo un imponente castello di cui rimangono evidenti e suggestivi resti. Eccezionale la flora che comprende specie di montagna (faggio, acero di monte, tiglio…), anche con esemplari di notevoli dimensioni.
Necropoli di Poggio Pelliccia
Il tumulo di Poggio Pelliccia è una monumentale tomba etrusca in uso fra la metà del VII e la metà del V secolo a.C. Probabilmente appartenuta ad una famiglia aristocratica vetuloniese che aveva possedimenti in questa zona. La tomba, secondo una prassi molto comune in Etruria, era stata violata e depredata già in antico. È stato quindi possibile recuperare solo alcuni reperti, peraltro notevoli, sfuggiti ai predatori che è possibile ammirare nel MuVet il Museo Civico Archeologico di Vetulonia.
Necropoli di San Germano
Il sito di San Germano, oggi noto soprattutto per la sua necropoli che occupa entrambi i lati del torrente Sovata, costituisce una delle più importanti testimonianze del territorio settentrionale dell’antica Vetulonia. Qui, a partire dalla seconda metà del VII sec. a.C., sorge un insediamento che giunge fino al I sec. d.C. e che probabilmente basava la propria fortuna sul controllo dei traffici commerciali e sulle risorse agricole. L’area archeologica, liberamente accessibile al pubblico, è situata all’interno della tenuta vinicola Rocca di Frassinello e racchiude al suo interno una serie di tombe a tumulo costruite tra la seconda metà del VII secolo a.C. e la prima metà del VI secolo a.C. Un percorso di visita si snoda attraverso la macchia mediterranea e permette di osservare alcuni esempi dell’architettura funeraria tipica di Vetulonia. I reperti recuperati sono visibili presso il Centro di Documentazione Etrusca di Rocca di Frassinello.
Eremo di S.Anna
L’Eremo di Sant’Anna è una piccola chiesa immersa nel bosco fondata da Padre Giovanni nel XVII secolo come eremo dell’ordine degli Agostiniani, contemporaneamente al convento di Sant’Agostino a Tirli, e poi abbandonata alla fine del XVIII secolo.
Circondato da un castagneto attrezzato con area pic nic, l’Eremo è un luogo ideale per gli amanti della natura e della vita all’aria aperta.
Realizzata in stile alpino con la pietra del bosco circostante, l’attuale chiesa è stata costruita sulle rovine dell’antico eremo nel 1971.
Tirli
Immerso nel verde di un folto bosco di lecci e castagni, Tirli sorge in posizione collinare ad un’altitudine di 580 metri, imperdibili gli scorci sulla Maremma costiera, da Castiglione ai Monti dell’Uccellina. Tra i monumenti da visitare, merita attenzione la Chiesa di Sant’Andrea, originariamente appartenente ad un convento di Agostiniani, costruito agli inizi del 1.600. Al suo interno, caratterizzato da altari in stile barocco, si conservano alcune reliquie di S. Guglielmo tra cui il cranio, le costole e il copricapo in ferro.
Padule di Pian d’Alma
L’area palustre di Pian d’Alma si estende per circa 68 ettari alla foce del Fosso Alma, un piccolo corso d’acqua che nasce dalle colline vicine per sfociare nei pressi di Cala Civette.
Il biotopo si colloca in una depressione immediatamente a valle di un sistema dunale fortemente antropizzato. Anticamente l’intera valle era soggetta ad allagamento e ristagno d’acqua e quindi occupata da vegetazione igrofila spontanea. I lavori di bonifica e di regimazione delle acque, avviati sin dall’epoca lorenese, hanno permesso lo sviluppo di un’area agricola a scapito della ricca vegetazione igrofila originariamente presente. Oggi rimane tra gli ampi spazi allagati una vegetazione a tamerici, olmi, frassini, e, tra le erbacee, giunchi e carici. Notevole anche la fauna acquatica, comunque disturbata dalla caccia che in questa area non protetta rimane presente.
Cala Violina
Bellissima spiaggia incastonata tra la macchia mediterranea e scogliere di gialla arenaria.
La sabbia, silicea, sfregata scricchiola, ricordando il suono del violino, da qui il nome. Le arenarie, appartenenti al gruppo del Macigno, mostrano evidenti serie di flysch. Osservando con attenzione gli affioramenti occidentali di arenaria si possono notare le tracce fossili di antichi vermi marini.
Terra Rossa
È così chiamato il terminal di spedizione via nave delle piriti estratte nelle miniere delle Colline Metallifere, collegato con la stazione di arrivo e smistamento di Scarlino Scalo (punto nodale di arrivo delle teleferiche dalle miniere), con teleferica fino alla fine degli anni ’60 e con camion successivamente. Al di sotto dei silos sono presenti tre gallerie per l’estrazione del minerale e l’alimentazione del pontile di carico delle bettoline (il pontile e le opere a mare sono state demolite nel 1989).
MAPS
Il Museo Archeologico di Portus Scabris è stato creato nel 2009 per mostrare i numerosi reperti trovati durante gli scavi archeologici subacquei condotti fra il 2000 e il 2001, nella rada di Portiglioni. L’alta concentrazione di reperti ha permesso di scoprire che l’antico Portus Scabris era già frequentato a partire dal III secolo a.C. Attraverso l’analisi archeologica dei reperti è stato possibile ricostruire la vita dello scalo e restituire uno spaccato della vita marittima al tempo dei Romani. Il museo ha sede in un caratteristico casello idraulico dei primi del ‘900 che si affaccia su una importante zona umida, il Padule di Scarlino, un tempo grande e salubre lago costiero, oggi area protetta di rilevanza naturalistica internazionale (convenzione di Ramsar). Il museo ospita anche un ufficio informazioni turistiche ed è Porta di Scarlino del Parco Nazionale.
Tel.: 0566.38552